Festa della Liberazione giorno fondamentale per la storia d’Italia: fine dell’occupazione nazista e termine dei soprusi fascisti. Ma quel periodo vissuto di sacrifici e privazioni di ogni sorta, di torture e di condanne a morte, e divenuto cordone di solidarietà per tutti quelli che si sono stretti intorno al tricolore e che insieme hanno vissuto lottando per un’unica causa. Che cosa direbbero se potessero vedere lo spettacolo che oggi offre la classe politica?
Tu che sei anelata insieme al profumo del biancospino
e rossa ti sei tinta a sormontare ogni ostacolo maligno
per distenderti su verdi prati ancora umidi al mattino,
tu viva con l’onor dei torturati, onor più duro del macigno.
Per te popolo insorge a fianco di partigiani a tentar difesa
di donne, di bambini che non conoscono né gioco né futuro
ma sanno del pianto, della fame, di una guerra incompresa
e di troppe vite finite da rumor di spari contro un muro.
Ora il sole splende sui morti che al grido di “libera Italia”
hanno sovrastato e smorzato il crepitìo dei moschetti
perché di fronte alla morte è l’avvenire che ammalia,
un avvenire libero, strappato alle vite, strappato agli affetti.
Ultimo atto. L’aguzzino coperto d’onta è costretto alla fuga.
Di nuovo gente nelle strade; sui volti dolore, speranza, passione;
è la fine del terrore e anche la più piccola lacrima si asciuga.
Era il venticinque aprile del quarantacinque. Liberazione.