Salve ragazzi, vi comunico con piacere che ho pubblicato un libricino di poesie e che è disponibile l’e-book
al sito www.lafeltrinelli.it per tutti coloro che volessero leggerlo.
Un grazie e un saluto di cuore a tutti.
Salve ragazzi, vi comunico con piacere che ho pubblicato un libricino di poesie e che è disponibile l’e-book
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Un grazie e un saluto di cuore a tutti.
Amo tantissimo il mare, in tutti i periodi dell’anno, con il sole o con la pioggia, d’estate come d’inverno. Prendo la bicicletta e me ne vado a guardare il mare….
Brezza piacevole accarezza capelli argentati
e lo sguardo fisso alle onde del mare;
sto bene, nessuno intorno per pensare
alla mia vita, a quanti doni regalati.
Attimi infiniti, resto immobile nel vento;
il tempo è fermo, il sole a brillare,
mi sento rapito e continuo a guardare
e una lacrima al mare per quello che sento.
Sono nato e tutto era diverso,
io bambino e mio padre mi prendeva la mano,
poi giovane con amori e un sogno mai vano,
adulto ma nella vita mai mi sono perso.
Anni passati, esperienze, tante volte ho pregato,
anche sbagli e torti, fatti e subiti
ma dico grazie a Dio di quei giorni finiti
e per un’altra possibilità che non mi ha mai negato.
Festa della Liberazione giorno fondamentale per la storia d’Italia: fine dell’occupazione nazista e termine dei soprusi fascisti. Ma quel periodo vissuto di sacrifici e privazioni di ogni sorta, di torture e di condanne a morte, e divenuto cordone di solidarietà per tutti quelli che si sono stretti intorno al tricolore e che insieme hanno vissuto lottando per un’unica causa. Che cosa direbbero se potessero vedere lo spettacolo che oggi offre la classe politica?
Tu che sei anelata insieme al profumo del biancospino
e rossa ti sei tinta a sormontare ogni ostacolo maligno
per distenderti su verdi prati ancora umidi al mattino,
tu viva con l’onor dei torturati, onor più duro del macigno.
Per te popolo insorge a fianco di partigiani a tentar difesa
di donne, di bambini che non conoscono né gioco né futuro
ma sanno del pianto, della fame, di una guerra incompresa
e di troppe vite finite da rumor di spari contro un muro.
Ora il sole splende sui morti che al grido di “libera Italia”
hanno sovrastato e smorzato il crepitìo dei moschetti
perché di fronte alla morte è l’avvenire che ammalia,
un avvenire libero, strappato alle vite, strappato agli affetti.
Ultimo atto. L’aguzzino coperto d’onta è costretto alla fuga.
Di nuovo gente nelle strade; sui volti dolore, speranza, passione;
è la fine del terrore e anche la più piccola lacrima si asciuga.
Era il venticinque aprile del quarantacinque. Liberazione.
Il Natale di Roma è una festività laica legata alla fondazione della città di Roma festeggiata il 21 aprile. Seondo la leggenda, infatti Romolo avrebbe fondato la città il 21 aprile del 753 A.C. Ed oggi questa ricorrenza si festeggia con rappresentazioni in costume, eventi culturali e manifestazioni ludiche. A me ha ispirato questi pochi versi.
Pure co’ te ce risemo a ‘st’appuntamento
che, anche si passa er tempo, nun se pò scordà;
e ne so’ passati de anni, più de dumila e settecento,
da quanno Romolo ha fondato ‘sta città!
Roma… tutti te conoscono pe’ er Ponentino,
pe’ li vicoli, co’ storie d’amore e ammazzamenti:
dai tempi der Pretorio, co’ le meretrici, a Rugantino,
tra sbruffonate, cortelli e teste tajate ai delinquenti.
E poi ‘n dove te giri, vedi solo spettacoli stupendi:
giardini, chiese e colonne che so’ ‘nvidia der mondo,
er Colosseo, t’affacci ar Cupolone e da lì nun scendi
e rivedi ‘sta città, attraversata dar Tevere biondo…
E te chiamamo perla tra le perle pe’ quanto sei bella,
che da ogni parte so’ venuti monarchi e Papi a fatte riverenza
e nisuno mai che è annato via alla chetichella…
e oggi come sempre, a te, tutti l’onori dell’occorrenza.
Cosa ne pensate della lontananza in amore? Magari, se il sentimento è forte potrebbe non essere un problema, forse cementa il vero amore oppure è una cosa orrenda. La lontananza fisica e la lontananza dell’anima: la prima potrebbe non contare nulla se il sentimento è profondo e per una persona profonda… Ma quando capita che bisogna stare lontani, la lontananza potrebbe addolcire l’atteso momento del rincontro? Si, ci può stare tutto, ma è molto più umano che ci sia la paura, il dubbio… e questo ci fa star male davvero.
Svegliarti al mattino dopo una notte insonne
e lo sguardo al mare amico di antico periglio
che il tuo cuore distrugge all’idea di nobildonne
che han profanato il talamo scambiato per giaciglio.
Paura che vaga nella mente insicura di chi ama;
è la lontananza a far da padrona, beffarda, pungente,
a dissacrare le voglie che il tuo corpo brama,
a relegar il tuo amante al ruolo abietto di indolente.
Ma il mare non ti da risposta, calmo all’orizzonte,
placide onde, nessun le teme ma nessuno a veleggiare;
e mentre il giorno va all’oscurità, il terrore gela la fronte
che nessuno vedi far ritorno da quest’oscuro mare.
E le movenze di sempre a seguir la solita trama:
accender la luce nel buio per quel tuo amore amaro
e che questa notte insonne ti riporti chi ti ama
a far svanire ogni ansia, per te, o signora del faro.
E’ Pasqua ed è anche il momento di dar vita a tutti i nostri propositi di rinnovamento. Se crediamo di essere risorti anche noi, anche la nostra vita cambierà; non sono i grandi cambiamenti quelli che contano, basta un piccolo gesto di amore a farci sentire diversi e intimamente felici. Ancora auguri a tutti.
Già nell’aria tempo di festa,
di vacanze, di gite fuori porta;
messa da parte ogni protesta,
di gioia e ottimismo fatta una scorta.
Certo … rimangono problemi e ansietà,
ma fare una pausa serve alla mente
per affrontare quello che la vita ci da,
con piglio vivace e non indolente.
Pensiamo a quelli che ci vogliono bene;
è tempo di dedicargli un pensiero,
tempo di spezzare le catene
che dell’ego ci hanno fatto prigioniero.
E’ Pasqua; c’è chi è morto per amore!
Cogliamo l’esempio noi che siamo figli suoi;
questo è il momento di aprire il nostro cuore,
amiamoci che agli affanni ci penseremo poi.
Oltre al significato cristiano che culmina nell’evento salvifico della croce, Pasqua è anche un momento di riflessione per ognuno di noi; sentiamo spesso parole come conversione, comunione, servizio che esprimono un concetto che non ammette alcun tipo di dubbio: l’amore reciproco, l’amore verso l’altro, rinnegamento del nostro io a favore degli altri…e ci rendiamo conto che nulla è facile ma vale la pena di tentare.
La preghiera di quella notte fu preghiera di perdono
a combattere il male cruento e malvagio dell’umanità.
Tempo di riparazione. Il Padre, dall’alto del suo trono,
ha mandato il Figlio prediletto a dar prova di amore e carità.
Tradito, venduto per trenta denari, versate lacrime amare
e poi esser condannato alla stregua dei peggiori assassini.
Flagellato. Che supplizio atroce. Solo l’amore fa sopportare
la sofferenza che al peccato strapperà grandi e bambini.
Ecco il viaggio verso il Golgota. Il legno è pesante
e pesante il cammino dove in alto sarebbe stato immolato.
Chiodi nelle carni, corona di spine, a fianco un brigante.
Guardatelo il Re, è sulla croce e una lancia trafigge il costato.
Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno.
Poi fece buio come le tenebre del male e fu la morte.
Quel sacrificio con il sangue versato a riparare il danno,
a lavare le colpe del mondo con le vesti tirate a sorte.
Silenzio intorno, ora come allora. Quel sacrificio non è vano
se guardiamo al fratello con amore e devozione,
se cerchiamo la gioia nel dare, se tendiamo una mano,
se viviamo nel cuore una Pasqua di Risurrezione.
Oggi è la commemorazione di San Giuseppe, chiamato anche San Giuseppe frittellaro, e la festa di tutti i papà. Io voglio ricordare mio padre con questa poesia. Auguri a tutti i papà.
Capelli brizzolati, figura imponente.
Presenza assidua, guida della mia gioventù.
Nel darmi ideali e valori sei stato paziente,
orgoglioso di tuo figlio; come chiederti di più.
Cose in comune: voglia di stare in compagnia,
pazzi per il mare, per il sole, girare in bicicletta.
Bei momenti che mai lasceranno questa vita mia,
io bambino, io ragazzo, io uomo. Fumarci una sigaretta.
Poi le tue nipoti…che grande amore per loro
e la gioia sempre sul tuo viso; loro, parti di te.
Hai amato tua moglie, i tuoi figli. Hai amato il tuo lavoro.
E quando mi vedo allo specchio, tu sei dentro di me;
riconosco gli atteggiamenti, le tue espressioni
ma mai potrò assomigliarti nella tua bontà;
se ti assomiglio è nel volto, negli occhi marroni;
tu padre buono, mi hai teso la mano in ogni età.
Ma ho un rammarico nel cuore e me ne duole:
non averti detto ti voglio bene come avrei voluto.
Ho sempre soffocato queste tre parole
e ora che non ci sei, nell’angoscia, resto muto.
Kronshtadt, 1921, Russia. Una rivolta durata appena 18 giorni si chiude nel modo più crudele. L’insurrezione degli anarchici dell’isola del Mar Baltico viene sedata dalle guardie rosse, guidate da Leon Trotzski, a pochi anni di distanza dalla Rivoluzione d’ottobre. Anastasija S. è sopravvissuta a quel massacro e si è rifugiata a Parigi. Suona il violino e a Parigi lavora in un ristorante russo. I suoi ricordi riportano in superficie i frammenti di un dolore sopito, tanto più forte quanto causato dalla ferocia di un’armata che si credeva amica. Una quotidianità di piccole cose, diventa il modo per elaborare un lutto che, prima di essere personale, è quello di un intero secolo di tragedie.
E l’alba sorge alle note del tuo violino.
Accarezzi le corde, la melodia è un suono mesto
che non cancella il ricordo amaro del pianto:
una rivolta sedata col massacro, un abominio!
Ora vivi nei bistrot, scampata a quell’insano gesto,
lontani i giorni del dolce riso e spensierato canto.
E nella testa il vociar di marinai che nel degrado
si dividono pane e fumo ma senza alcun lamento;
poi il sapore di merende infantili, formaggio bianco,
consumate nelle strade di Mosca e Pietrogrado;
tu dissueta a batterti sotto le bandiere al vento,
a conquistare piazze e il peso del fucile a segnarti il fianco.
E passato è anche il tempo di voluttuosi e ansimanti amori
ma ancor la notte bagna i tuoi sogni irrequieti:
uomini che si voltano a guardar le calze nere,
a guardar la gonna sollevata di Claudine, le mandano fiori…
E tu che nel buio bistrot arrossisci a sguardi indiscreti,
a celar la passione e il desiderio e le chimere.
E ancora una nota di violino sale nell’aria. Nota stonata.
Corri dal liutaio a recuperar la corda e non far tardi;
il turno al ristorante comincia sempre con un sorriso.
E’ un giorno nuovo di una vita ancora sbagliata,
di una vita che per te non ha avuto mai riguardi.
Accarezzi il violino rotto, una lacrima è sul tuo bel viso.
Oggi, come ogni anno, ricorre la giornata internazionale della donna (quella che comunemente chiamiamo festa della donna) per ricordare le conquiste politiche, sociali ed economiche delle donne e le violenze e i maltrattamenti cui esse sono fatte oggetto in molte parti del mondo. Nel mio piccolo, dedico a tutte le donne questi pochi versi.
Un giorno a dir di te…è poco,
che nel passato come ancor oggi è vivo
ogni torto subìto che brucia più del fuoco
come il senso di cui ogni violenza è privo.
Ogni conquista gronda del sudore
di te che hai combattuto le rivendicazioni
che hanno portato, con molto clamore,
a far di ostacoli solo marionette ciondoloni.
Ogni lotta ha visto sangue versato senza tema
per esser donna, madre, di pari diritti e dignità,
libera dal giogo, dalle vessazioni del sistema
e tale esser ricordata nella storia dell’umanità.
Tua è la femminilità che non è solo seduzione;
e per il tuo valere e l’animo che rispecchia il viso,
il mondo riconosce nel mondo la tua posizione
e al mondo puoi, ormai, donare il tuo bel sorriso.